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Le licenze open
Creative Commons (CC)
Le licenze open e la loro applicazione
Oltre ai casi di libera utilizzazione previsti dalla legge sul diritto d’autore, può succedere che sia lo stesso titolare dei diritti a preferire che la sua opera circoli libera da alcuni dei principali vincoli del copyright. In tal caso egli può ricorrere all’applicazione di apposite licenze d’uso ispirate al modello che comunemente viene chiamato open content o copyleft, di cui le licenze Creative Commons rappresentano l’estrinsecazione più nota.
Cerchiamo quindi di comprenderne i principi di fondo e il funzionamento concreto.
Radici storiche del fenomeno
GNU General Public License (anche nota con l’acronimo GPL)
L’idea di utilizzare lo strumento della licenza d’uso per “liberare” un’opera creativa dalle maglie del copyright nasce negli anni ottanta in ambito informatico e più precisamente in seno al progetto GNU, inaugurato da Richard Stallman (ricercatore presso il MIT di Boston). In quegli anni il governo americano aveva approvato la legge che sottoponeva anche il software alla tutela del copyright, aprendo la strada all’industria del software proprietario e a codice sorgente chiuso. Il gruppo di hacker guidato da Stallman voleva invece trovare il modo di contrastare questa deriva, facendo sì che comunque vi fosse del software liberamente distribuibile, modificabile e corredato del codice sorgente (da cui “open source”). Da lì l’idea di redigere il testo della GNU General Public License (anche nota con l’acronimo GPL), capostipite delle licenze open, nonché a tutt’oggi la licenza di software libero più utilizzata. Fu però solo con il nuovo millennio e con l’esplosione di internet come fenomeno di massa che qualcuno pensò di predisporre un set di licenze che potessero funzionare per tutti i tipi di opere creative (a esclusione del software) e che risultassero particolarmente intuitive e di facile utilizzo anche per i non esperti.
L’idea di utilizzare lo strumento della licenza d’uso per “liberare” un’opera creativa dalle maglie del copyright nasce negli anni ottanta in ambito informatico e più precisamente in seno al progetto GNU, inaugurato da Richard Stallman (ricercatore presso il MIT di Boston). In quegli anni il governo americano aveva approvato la legge che sottoponeva anche il software alla tutela del copyright, aprendo la strada all’industria del software proprietario e a codice sorgente chiuso. Il gruppo di hacker guidato da Stallman voleva invece trovare il modo di contrastare questa deriva, facendo sì che comunque vi fosse del software liberamente distribuibile, modificabile e corredato del codice sorgente (da cui “open source”). Da lì l’idea di redigere il testo della GNU General Public License (anche nota con l’acronimo GPL), capostipite delle licenze open, nonché a tutt’oggi la licenza di software libero più utilizzata. Fu però solo con il nuovo millennio e con l’esplosione di internet come fenomeno di massa che qualcuno pensò di predisporre un set di licenze che potessero funzionare per tutti i tipi di opere creative (a esclusione del software) e che risultassero particolarmente intuitive e di facile utilizzo anche per i non esperti.
2002 - la prima versione delle licenze Creative Commons
Nacque così nel 2002 la prima versione delle licenze Creative Commons, oggi arrivate alla quarta versione e diventate in assoluto le licenze open content più utilizzate dal popolo dei creativi digitali. Nonostante le licenze per contenuti liberi siano numerose, le licenze Creative Commons si stanno imponendo come il modello più conosciuto e diffuso, tant’è che molti progetti dediti alla promozione della cultura aperta sfruttano proprio queste licenze.
Nacque così nel 2002 la prima versione delle licenze Creative Commons, oggi arrivate alla quarta versione e diventate in assoluto le licenze open content più utilizzate dal popolo dei creativi digitali. Nonostante le licenze per contenuti liberi siano numerose, le licenze Creative Commons si stanno imponendo come il modello più conosciuto e diffuso, tant’è che molti progetti dediti alla promozione della cultura aperta sfruttano proprio queste licenze.
Qual è lo spirito che sta alla base dei Creative Commons?
L’avvocato Simone Aliprandi (di Pavia) spiega come si è evoluto il concetto di licenza e di open licensing.
1:07 min.
1:07 min.
Il concetto di licenza e i meccanismi del licensing
Genericamente, in ambito giuridico, con il termine licenza si indica un atto autorizzativo, la concessione di un permesso.
Ricordiamo infatti l’etimologia latina di licenza, da licēre che appunto significa “permettere”, “autorizzare”. Nel diritto della proprietà intellettuale, una licenza è quindi l’atto con cui il titolare dei diritti esclusivi su un’opera (licenziante) concede il permesso di utilizzare l’opera stessa a un altro soggetto (licenziatario), stabilendo contestualmente una serie di limiti e condizioni. Il mancato rispetto di questi termini d’uso comporta la violazione del rapporto giuridico e quindi l’automatico venir meno dell’autorizzazione stessa.
Open Licensing
Nel modello open licensing, solo il licenziante è un soggetto definito, mentre il licenziatario è indefinito: cerchiamo ora di capire meglio in che senso. Il licenziante è normalmente colui che detiene i diritti sull’opera e solitamente è l’autore stesso oppure altro titolare dei diritti (come la casa editrice, l’etichetta discografica…). Egli, quando diffonde la sua opera, vi allega il testo della licenza d’uso e segnala in modo chiaro che chiunque voglia utilizzare l’opera dovrà semplicemente attenersi a quanto indicato nella licenza (oltre ovviamente a rispettare quanto più generalmente previsto dai principi del diritto d’autore). Questo “chiunque”, facendosi implicitamente parte del rapporto contrattuale proprio per effetto dell’utilizzo dell’opera, diventa così il licenziatario; si spiega ora perché poco sopra abbiamo parlato di un licenziatario indefinito. In estrema sintesi possiamo quindi dire che la licenza rappresenta un permesso condizionato (e concesso a priori) per l’utilizzo dell’opera.
Nel modello open licensing, solo il licenziante è un soggetto definito, mentre il licenziatario è indefinito: cerchiamo ora di capire meglio in che senso. Il licenziante è normalmente colui che detiene i diritti sull’opera e solitamente è l’autore stesso oppure altro titolare dei diritti (come la casa editrice, l’etichetta discografica…). Egli, quando diffonde la sua opera, vi allega il testo della licenza d’uso e segnala in modo chiaro che chiunque voglia utilizzare l’opera dovrà semplicemente attenersi a quanto indicato nella licenza (oltre ovviamente a rispettare quanto più generalmente previsto dai principi del diritto d’autore). Questo “chiunque”, facendosi implicitamente parte del rapporto contrattuale proprio per effetto dell’utilizzo dell’opera, diventa così il licenziatario; si spiega ora perché poco sopra abbiamo parlato di un licenziatario indefinito. In estrema sintesi possiamo quindi dire che la licenza rappresenta un permesso condizionato (e concesso a priori) per l’utilizzo dell’opera.
Il paragrafo "Creative Commons" sono una rielaborazione da “Il diritto d’autore e le licenze open nell’attività didattica” di Simone Aliprandi, capitolo 5 del libro “DidatticaDuePuntoZero. Scenari di didattica digitale condivisa” (Ledizioni, 2017). L’opera originaria è disponibile all’indirizzo https://aliprandi.org/books/didatticaduepuntozero/ ed è rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution 4.0 (CC BY 4.0).