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Chi? Quando? Dove?
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Riferimenti per l’identificazione e la datazione delle fotografie
Ai fini di una corretta identificazione e datazione delle fotografie sono di fondamentale importanza i seguenti dati: la tecnica fotografica utilizzata, la provenienza, i dati sui fotografi, le descrizioni e il retro della foto. Sulla base di diversi materiali fotografici maggiormente in uso verranno di seguito indicati – senza pretese di esaustività – alcuni parametri di riferimento utili.
La dagherrotipia
Le prime fotografie, le cosiddette dagherrotipie, furono realizzate tra il 1839 e il 1860. Si tratta di pezzi unici con una superficie riflettente, motivo per cui l’immagine non è visibile da tutte le angolature. Il presente ritratto di una donna sconosciuta è stato realizzato – come indicato sul retro della foto – nel 1847 a Lermoos, probabilmente da un fotografo ambulante.
L’ambrotipia
Anche l’ambrotipia fa parte dei procedimenti che producono un esemplare unico. Fu utilizzata nel periodo iniziale della fotografia tra il 1852 e il 1890. Si tratta di un negativo su vetro, sottosviluppato, al quale veniva applicato sul retro uno sfondo scuro (laccatura nera o foglio scuro) che lascia apparire l’immagine in positivo. Il nostro ritratto è stato catalogato con l’indicazione di luogo e data.
La tecnica del negativo
Agli inizi degli anni quaranta dell’Ottocento fu sviluppato il procedimento del negativo, che rese possibile la realizzazione di più stampe da un’unica ripresa fotografica. A partire dal 1878, con la nascita della lastra di gelatina e la sua conseguente produzione industriale, la fotografia diventò un nuovo mass media.
Le lastre di vetro vennero utilizzate come supporto fino alla seconda metà del Novecento. La ripresa fotografica della funicolare della Hungerburgbahn è tratta dall’archivio d’impresa di Adolf Künz, direttore di una casa editrice di cartoline postali nel periodo tra le due guerre.
Le lastre di vetro vennero utilizzate come supporto fino alla seconda metà del Novecento. La ripresa fotografica della funicolare della Hungerburgbahn è tratta dall’archivio d’impresa di Adolf Künz, direttore di una casa editrice di cartoline postali nel periodo tra le due guerre.
La stampa all’albume
Copie in grande formato su carta all’albumina (dal 1850 al 1920 ca.) o al collodio (dal 1894 al 1920 ca.) venivano incollate su cartoncino rigido che riportava impressi i dati essenziali: la descrizione della foto, il fotografo e/o la casa editrice e il numero della lastra.
Dal 1850 – La carta all’albumina diventa il più diffuso tipo di carta fotografica ad annerimento diretto.
In base all’indicazione dell’impresa possiamo datare questa fotografia tra il 1882 e il 1892.
La fotografia stereoscopica
A partire dal 1853 le fotografie stereoscopiche divennero sempre più popolari e amate. Viste attraverso uno stereoscopio riescono a trasmettere in modo più efficace l’impressione della dimensione spaziale. Dopo il 1870 – a causa di motivi tecnici – questo tipo di fotografia subì un notevole calo.
Evidentemente la costruzione della linea ferroviaria del Brennero fu per il “Verein der Ingenieure für Tirol und Vorarlberg” (l’associazione degli ingegneri del Tirolo e del Vorarlberg) un motivo sufficiente per realizzare una serie di fotografie stereoscopiche.
Evidentemente la costruzione della linea ferroviaria del Brennero fu per il “Verein der Ingenieure für Tirol und Vorarlberg” (l’associazione degli ingegneri del Tirolo e del Vorarlberg) un motivo sufficiente per realizzare una serie di fotografie stereoscopiche.
I formati visita e "cabinet" (o “gabinetto”)
Nella seconda metà del XIX secolo la carta all’albumina diventò il più diffuso tipo di carta fotografica ad annerimento diretto. A causa del suo sottile spessore veniva incollata su un cartoncino rigido prevalentemente in formato gabinetto e visita. Dal retro dei cartoncini è possibile trarre informazioni relative alla datazione della foto, al nome dello studio fotografico e a eventuali premi ottenuti. L’esempio in questione riguarda un’onorificenza assegnata negli anni 1887 e 1888 allo studio fotografico Anton Gratl di Innsbruck, ragion per cui questa foto deve essere stata realizzata solo successivamente.
I formati visita più piccoli erano più economici e ciò li rendeva graditi regali e oggetti da collezione. Il ritratto in questione si può quindi datare in base all’indicazione dello studio fotografico e alla rappresentazione di un personaggio famoso.
Dalla fine della prima guerra mondiale la maggior stabilità della carta fotografica contribuì anche alla fine della produzione di fotografie all’albumina su cartoncino.
I formati visita più piccoli erano più economici e ciò li rendeva graditi regali e oggetti da collezione. Il ritratto in questione si può quindi datare in base all’indicazione dello studio fotografico e alla rappresentazione di un personaggio famoso.
Dalla fine della prima guerra mondiale la maggior stabilità della carta fotografica contribuì anche alla fine della produzione di fotografie all’albumina su cartoncino.
Le cartoline illustrate
Dopo l’introduzione, nel 1869, della “Correspondenz-Karte” nell’impero austro-ungarico – una cartolina postale con un riquadro per l’indirizzo nella parte anteriore e un riquadro per il testo sul retro – si svilupparono le cosiddette cartoline illustrate, con immagini litografiche sul retro, su cui si poteva scrivere anche un messaggio.
A partire dal 1900 troviamo le tecniche fotografiche applicate alle cartoline illustrate. Fino al 1905 non era permesso scrivere un testo a mano sulla parte anteriore (riservata all’indirizzo). Nel mese di novembre del 1904 l’impero austro-ungarico introdusse la ripartizione del lato anteriore: una parte doveva essere utilizzata per inserire l’indirizzo, l’altra per il testo.
Filmato in diversi formati
Oltre al vetro venne utilizzata anche la pellicola in diversi formati come supporto per le fotografie.
Dal 1884 – Le pellicole in rullo sostituiscono le lastre fotografiche e rendono l’attività fotografica più semplice e flessibile.
La pericolosa pellicola altamente autoinfiammabile al nitrato di cellulosa (prodotta dal 1889 al 1955 ca.) venne sostituita dalla pellicola in acetato e successivamente, dal 1950, dalla pellicola in poliestere, diffusa a livello mondiale. Questo rullino in formato 135 comprende 36 fotografie che rappresentano il corteo menzionato nella didascalia.
La fotografia a colori
Già a partire dalla fine del XIX secolo esistevano i primi procedimenti per realizzare fotografie a colori.
Tuttavia il loro grande successo arrivò solamente negli anni Trenta. Dopo la seconda guerra mondiale la fotografia a colori divenne economicamente accessibile anche ai fotografi amatoriali. L’utilizzo massiccio di sostanze chimiche per lo sviluppo del materiale fotografico e l’impropria conservazione delle fotografie a colori causarono però – e causano ancor oggi – colori sbiaditi e colorazioni dominanti.
La carta politenata
Già nei primi del Novecento i negativi delle foto vennero stampati su un supporto cartaceo spesso (carta baritata). A partire dagli anni settanta si impose la carta detta “politenata”, un foglio di carta rivestito su entrambe le facciate da un materiale sintetico: il polietilene. Queste fotografie consentivano una lavorazione più veloce a scapito però della loro durevolezza.
I testi di questo corso di formazione online prendono spunto dagli articoli realizzati da diversi autori per i manuali dedicati ai rispettivi argomenti (pubblicati in Rete sul sito https://www.lichtbild-argentovivo.eu e usciti con la licenza CC BY 4.0). I testi dei manuali sono stati adattati dagli operatori del progetto Argentovivo per renderli fruibili nell’ambito di un corso online.